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Appendice - D. A. D'Avena: Capo III

Bernalda > 500enario fondazione città (1977) > Atti del seminario di studi:


Atti del seminario di studi

Da Camarda a Bernalda:
una memoria accusatoria settecentesca

Appendice
Domenico Antonio D'Avena:
memoria accusatoria
Trascrizione del Prof. Alfonso Falco

CAP. III. ed Ultimo


Che non solo la Università di Bernalda debba rifare tutte le spese, e danni sofferti, ma parimente debbano li suoi Cittadini severamente punirsi.
Non facciamo parola delle gravi spese precisamente in tanti accessi della Regia Udienza, del Regio Consigliere de Filippis, del Regio Consigliere Scassa, e del Magnifico Tavolario, e de' danni sofferti in una lite tanto ingiusta, quanto, di essere tale, apparisce da quel che nell' antecedenti capi abbiamo scritto, poiche secondo la disposizione delle leggi comuni in L. properandum, §. sive autem, & L. Sancimus Cod. de judiciis, avvalorata dall' ultima novella Real Costituzione,è indispensabiile la condanna delle spese, e de'danni sofferti dal Real Monistero; tanto più, perche nelli decreti del S. C. fu riservata la providenza, in danno di chi dovessero queste cedere, visto I' esito della causa, e molto più trattandosi di danni, e spese sofferte per causa di violenza patita nel possesso della propria roba, le quali sono così per Fol.17Ov. legge privilegiate, che in mancanza di pruove dee starsi al giuramento di chi tali spese fa, e di chi tal danno patisce I. si quando 9. Cod.unde vi.
Sol tanto faremo parola della criminalità. Il S.C.avendo avuto per vero, che la causa criminale delle violenze, usate da' Bemaldesi, dipendeva dalla causa civile del possesso introdotta nel S. R. C., la chiamò a se dalla G. C. della Vicaria in criminalibus, riserbandosi la provista sopra della causa criminale, visto l'esito dell' informazione civile, seguendo l'esempio della decisione di S.Felice dec.67.tam.l.
Conche dovendo il S. C. presentemente la causa criminale decidere, convien sapere, che nel mese di Settembre del 1734. de facto, & authoritate propria S' intrusero nella difesa della Avenella alcuni Cittadini di Bernalda, cesinando e ponendo a ferro ed a fuoco quel territorio, al che resistere non valendo i soliti Guardiani del Monistero, i RR. PP. mirando l'abito di S.Benedetto, di cui van coverti, si astennero di usare la propria autorità, e ricorsero nella G. C. della Vicaria, ed in Regia Udienza, da cui fu l'informazione commessa al Signor Avvocato Fiscale, il quale, prima d' ogni altra cosa, nella faccia del luogo ordinò, che sotto pena di ducati mille nulla s' innovasse, nulla si attentasse dalla Università di Bemalda. Ma quest' ordine fu lo stesso, che ponere al fuoco le legne, imperocche quella scostumata gente unendo da 30. e più persone, atte all'armi, assieme col Camerlengo e col Giurato, pai-te armati di scoppetta, e parte armati di mazza, si portarono nella difesa dell' Avenella nella metà di Ottobre 1734., carcerarono con impugnazione d'armi sei Gualani, rappresegliarono sei para di bovi, e li trasportarono nella Terra di Bemalda, ove furono trattenuti gli uni e gli altri per tre, giorni, fintanto che furono scarcerati per ordine del Signor Avvocato Fiscale.
Questo disordine diede occasione alla Regia Udienza di ordinare a' 27 Dicembre dell' anno 1734., che i Cittadini di Bemalda non accostassero nella difesa dell' Avenella sotto pena di docati mille &c., e pure ciò non ostante nel principio di Gennajo 1735. ritornarono i Bemaldesi, per carcerare i Guardiani, uno de' quali raccomandò la sua salute a piedi; e I' altro fu carcerato,e malmena to nella Terra di Bemalda, e trattenuto per tre giorni.
E nel mese di Febbrajo del medesimo anno 1735. D. Antonio Navarretta fratello del I' Illustre Marchese della Terza, essendo andato nella difesa dell' Avenella, mandò imbasciata al Guardiano della difesa, che se molestava i suoi vassalli nel luogo detto i tre titoli, I' avrebbe fatto ivi uccidere: e nella fine del medesimo mese vi andò con 40 persone armate con schioppi, ronche, mazze, ed altri stromenti, designando i luoghi, che doveansi cesinare, sboscare, arare, e seminare, non facendo conto di tanti decreti della Regia Udienza, della G. C. della Vicaria, e della pendenza della causa nel S. C.
Queste sono le violenze, e tutte crediamo costare dal processo criminale. Resta ora vedere delli delinquenti, quale ne sia la pena. Dalle dette cose si vede in primo luogo che i Bernaldesi con violenza trattarono di occupare la difesa dell' Avenella. Due rimedj rinvenirono le leggi, per raffrenare simili violenze. Nel giudizio civile è I' interdetto unde vi, per cui si ricupera la possessione occupata, e la condizione ex I. si quis Co'd. unde vi, per cui, se colui, che usa violenza, è padrone della roba, la perde: se padrone non fosse, ne deve pagare il prezzo, il che fu moderato dalla Costituzione del nostro Regno Violentias nella metà della roba, o del prezzo. E questa è meramente causa civile, come insegna la Glossa in I. I. Cod de appell. verbo prius, ivi : Cum tractaretur causa possessionis praeposito interdicto unde vi, vel condit. ex leg. si quis in tantam, idest cum tractaretur causa civilis. Non altrimenti Cujac. in I. si quis in tantam, ivi : Ergo extra Fol. 171r. causam criminis, quo tenetur, qui alium vi de possessione rejecit, civiliter autem tenetur in duplum, idest in rem, quam invasit, & ejus rei aestimationem.
L'altro rimedio è l'azione criminale ad vindictam, dove bisogna distinguere: Se la violenza sia si usata con armi, o pure senz'armi: nel primo caso s'incorre nella pena della I. Julia de vi publica, cioè della deportazione: nell' altro la pena è la confiscazione della terza parte de'beni, e la relegazione §. item lex julia Institut. de publicis judiciis lib 4. I. 10. § ultim. ad I. Juliam de vi publica I. l, & I. ultim. ff. de vi privata gloss. in I. 2. verb. tertia pars, & in I. 6. C. ad I. Juliam de vi, ubi Cujac. Sicche essendosi, come di sopra si è detto usata violenza con armi, certamente debbono essere castigati con la pena della deportazione; anzi considerandosi la comitiva di tante persone unite, oltre della pena della I. Julia de vi publica, vi è la pena della morte, I. Il ff. codem, dove dichiara il testo, che parimente armi sieno, qualunque stromento atto a nuocere; onde a tale pena vengono compresi non meno quelli, che andaronno con scoppette, che con altri stromenti, ivi: Hi, qui aedes alienas, aut villas expilaverint, effregerint, expugnaverint, siquidem in turba cum telis fecerint, capite puniantur. E concorda il Testo in I. 5. Cod. de bis, qui ad Eccl.
Oltre che avendo proceduto a carcerazione senza ordine di Giudice, ritenendo le persone carcerate per più giorni, oltre della pena della I. Julia de vi publica I. 6. ff. & I. 3. C. ad I. jul.,& vi, sono incorsi nel delitto di carcere privato, che dalle leggi vien punito anche con pena capitale, I. I. C. de carcere privato, & cap. Regni contra effrenatas. Perloche trattandosi di pena supra relegationem, e costando già del delitto, dovrà per ora il S. C. citarli ad informandum, ed ordinare anche la carcerazione. Rosa in praxi crim. cap. 9. num. 12. & 13.
Caetera suppleat,& c.
Napoli il di 20. Giugno 1743.
Domenico Antonio d'Avena.

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